Dobbiamo ribellarci e imbracciare i forconi
post pubblicato in
Diario, il 9 giugno 2010
Nel suo delirio di onnipotenza l’imperatore romano Caligola faceva
senatori i cavalli. Oggi, in demo-krazia, diventano deputati e senatori
le favorite del presidente del consiglio che, invece della busta (post
coitum), preferiscono una carriera politica, che nella nostra Repubblica
significa una principesca sistemazione economica a vita (pensione
compresa).
Nel silenzio delle femministe e della Chiesa (che teme di
perdere i soldi per le scuole cattoliche), non si sente una parola di
etica che condanni senza appello (con manifesti per le strade) chi usa
il proprio ruolo e potere politico per avere i favori delle belle
fanciulle, ma, oltre il corruttore, vi è la impressionante facilità
delle suddette fanciulle a farsi corrompere, praticando il vero
meretricio, offrendosi in cambio di carriere politica, facendo persino
apparire più oneste quelle poverette che si vendono per la strada.
Non
può essere considerato un fatto privato promuovere in politica le
proprie favorite e forse essere sottilmente ricattato da queste,
l’intreccio tra attività sessuali personali e livello politico riguarda
tutti, e denuncia una cultura corruttiva che ha una vistosa continuità
con le vicende giudiziarie dell’imprenditore Berlusconi, che non sta in
galera solo perché da politico ha fatto approvare le famose leggi “ad
personam” che lo hanno salvato.
Non è normale che il nostro
personaggio abbia avuto il monopolio televisivo dal delinquente Craxi,
che abbia fatto intrallazzi col delinquente Previti, e che abbia avuto,
nel cuore economico della Fininvest la società per la raccolta
pubblicitaria “Pubblitalia”, il condannato per mafia Dell’Utri, che
l’unico prete suo amico, Don Gelmini (della Comunità Incontro) sia stato
in galera due anni per truffa.
Non
è nemmeno normale che abbia portato in Parlamento l’intero collegio dei
suoi avvocati difensori, che dalla stanza del potere suggeriscono quali
norme far approvare o correggere per continuare a mantenere impunito il
loro capo.
Non mi interessano i particolari scabrosi di cui parla
l’ex esponente del PDL Paolo Guzzanti, perché ci portano sulla strada
sbagliata. La strada maestra è quella di chiedere “l’impecheament” per
indegnità, in quanto in perenne conflitto di interesse, in quanto sodale
di delinquenti, in quanto corruttore di donne attraverso il suo ruolo e
peso politico, in quanto ispiratore del “Lodo Alfano” che ha infranto
l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.
PD e Di
Pietro avrebbero il dovere di trovare un accordo per chiederne le
dimissioni, anche perché sarebbe piacevole uscire dalla dittatura e
tornare in democrazia.
Officina Sociale